🇮🇹 Le elezioni amministrative italiane non devono far abbassare la guardia alla sinistra
Se da una parte dimostrano che una sinistra unita può competere con la destra, dall'altra la bassa affluenza e la mancanza di comunicazione con le periferie devono preoccupare.
Una gigantesca euforia sembra essersi scatenata, specialmente a livello mediatico, nella sinistra italiana dopo le recenti elezioni amministrative. Elezioni che hanno visto coalizioni di centro-sinistra conquistare cinque dei maggiori centri urbani italiani con risultati anche buoni. Sono state vinte al primo turno Milano, Napoli e Bologna, e dopo il ballottaggio anche Roma e Torino.
Più in generale il centro-sinistra ha vinto in ben 15 dei venti comuni in ballo, il centro-destra in solo 4 mentre, mentre a Benevento Mastella (centro) è stato confermato anche se per poco in una città che ormai da anni è diventata il suo feudo personale.
In ogni caso guardando alle prossime elezioni politiche, che a meno di improvvise cadute del governo Draghi saranno nel 2023, i progressisti non devo riposare sugli allori. Certo, fino a queste elezioni sembrava che il centro-destra, guidato dalla coppia Salvini-Meloni, fosse lanciato verso una vittoria netta, mentre adesso la partita è aperta più che mai. Ma ci sono diverse variabili da considerare e se i progressisti vogliono avere una possibilità è necessaria una coalizione aperta ai movimenti civici e alla sinistra sociale, e capace di capire le esigenze e dialogare con quelli strati popolari che ancora oggi soffrono moltissimo per via dell’aumento della disuguaglianza negli ultimi 30 anni.
Analisi del voto in pillole
Se ci basiamo solo sulle percentuali, i risultati sono ottimi. Partendo dalle 5 città maggiori, nelle tre conquistate al primo turno non c’è stata partita. Tutti i candidati sono arrivati quasi al 60%, con Sala a Milano che ha vinto con il 57,7 % dei voti totali, Lepore a Bologna con 61,9% e Manfredi a Napoli addirittura con il 62,%. Successi netti che anche se con storie diverse confermano che i progressisti hanno il controllo in queste grandi città. A Milano Sala si riconferma dopo anni di buona amministrazione di Pisapia prima e sua poi. A Napoli il centro-sinistra ha raccolto l’eredità di De Magistris che era stato in carica per due mandati consecutivi. In realtà il risultato di Manfredi è notevole dato che De Magistris non era mai riuscito a vincere al primo turno. A Bologna, città che è quasi sempre stata a sinistra nel dopoguerra (unica eccezione dal 1999 al 2004 con Guazzaloca), il risultato ovviamente non stupisce. Ma è una piacevole conferma, dopo che negli ultimi anni si aveva avuto paura che la Lega riuscisse a sfondare anche in Emilia Romagna. Ottimi segnali vengono peraltro dalla nuova giunta che sembra andare in direzione di quel rinnovamento che già sta promuovendo Elly Schlein come vice-presidente di regione. Prima di tutto l’età media è notevolmente più bassa del solito. Certo l’età anagragfica non è garanzia di rinnovamento, però in un paese che soffre pesantemente di residui gerontocratici è un buon segnale. Inoltre la presenza di elementi come Emily Clancy, Consigliera di 30 anni che ha preso più voti di tutti (3.541) e si autodefinisce ecologista, transfemminista e comunista sembra essere garanzia che un po’ del vento europeo di rinnovamento stia finalmente arrivando in Italia.Da segnalare come segnale positivo anche la presenza della professoressa di Patrick Zaki, Rita Monticelli (PD).
Nelle altre due grandi città al voto, Roma e Torino, c’è stato bisogno come detto del secondo turno, e si è passati da un sindaco cinquestelle a uno del centro-sinistra. A Roma buona l’affermazione di Gualtieri che raccoglie le macerie dell’amministrazione Raggi e vince al secondo turno con il 60%. Da qui viene un’indicazione importante dato che al primo turno il candidato del centro-destra Michetti era in vantaggio. L’indicazione è che una grossa parte dell’elettorato di Calenda (più centrista) e anche del Movimento 5 Stelle si orienta ormai verso i candidati progressisti. Lezione da tenere in mente in ottica delle elezioni politiche, dove una sana competizione tra le forze politiche progressiste deve però essere seguita dall’unione quando si tratta di fronteggiare la destra. A Torino Stefano Lo Russo era già in vantaggio al primo turno, ma riesce in ogni caso a portare a casa un buon 59,23 % al secondo turno anche raccogliendo i voti dei 5 stelle. A differenza di Roma però, dove il sindaco Raggi veniva da una storia di destra, il sindaco uscente del M5S Chiara Appedino aveva posizioni molto vicine alla sinistra, quindi questo voto può essere letto più all’insegna della continuità.
Anche nei centri minori i progressiti hanno ottenuto buoni risultati da nord a sud, riconfermandosi ovunque e conquistando Cosenza, Latina, Savona e Carbonia. Una chiara sconfitta per il centro-destra che ha vinto solo a Pordenone, Trieste, Novara e Grosseto dove perlatro già governava.
Anche guardando al risultato dei singoli partiti c’è una chiara inversione di tendenza. Il Pd viene premiato per la maggiore apertura dimostrata negli utlimi mesi, ed è il primo partito a Milano, Torino, Trieste e Bologna mentre la Lega a Milano non arriva al 13 per cento (alle Europee del 2019 era al 27). In netto calo poi il Movimento Cinque Stelle che viene punito specialmente a Roma per un’amministrazione inadeguata. Ma seppure in altre occasioni abbia ottenuto risultati inaspettati, le elezioni amministrative non sono il terreno principale in cui misurare questa forza politica ormai stabile nel panorama italiano.
Il centro-sinistra non deve riposare sugli allori
Tutto rose e fiori quindi? Purtroppo no. Ci sono diversi dati che non devono fare stare tranquilli e i progressisti non devono riposare sugli allori.
1️⃣ Il primo è sicuramente il dato dell’affluenza. Da anni ormai il primo partito in Italia è quello dei non votanti e il numero di quelli che ormai non si sentono rappresentati da nessuna forza del panorama politico continua ad aumentare. Al primo turno delle amministrative ha votato solo 54,69%, che signifa circa una persona su due. Peggiora di quasi 6 punti il nuovo record per la bassa partecipazione al voto dato che l’affluenza minore prima di queste elezione si era verificata nel 2017 (1.004 i Comuni al voto) con il 60,07%. Il fatto che nemmeno la destra sia riuscita in questa elezione a catturare questi voti non è un buon segnale anzi. Dove c’è malcontento e domina l’antipolitica, ci sono gli embrioni purtroppo per movimenti radicalizzati.
2️⃣ Al voto sono andate principalmente città dove negli ultimi anni i progressisti hanno spesso avuto il controllo. Se il discorso è scontato per Bologna, Il centro-sinistra governa ormai con costanza dagli anni 90 anche a Napoli. Gualtieri riprende Roma dopo la parentesi della Raggi, ma esclusa l’atra parentesi di Alemanno la sinistra ha sempre controllato la città sin dalla fine degli anni 80. Discorsi simili per le elezioni recenti a Milano e Torino, dove sindaci che possono essere difiniti di centro-sinistra governano rispettivamente dal 2011 e dal 1993.
3️⃣ La sinistra vince nelle città dove vivono le elites ma fatica a parlare al suo elettorato storico e alle persone che sono più in difficoltà. Le periferie non la votano. Questo è dimostrato per esempio dalla mappa elettorale con i dai dati di ogni sezione a Milano. Sala fatica nei quartieri popolari e in alcuni casi è surclassato dal rivale Bernardo come per esempio nelle sezioni 1062 di San Siro o nella vicina sezione 1491. E il risultato si riproduce in altre zone popolari dalla Bovisasca a Ponte Lambro, da San Leonardo a Forlanini e al Corvetto. Dati simili anche a Roma e Torino.
4️⃣ Ho aggiunto questo ultimo punto successivamente e più che un fattore di preoccupazione è un autocritica profonda che dobbiamo fare. Tutti i sindaci eletti dal PD erano uomini. Anche alle primarie nessun candidato donna è emerso. In un paese che non ha mai avuto un Presidente del Consiglio donna, il PD e il resto della sinistra non hanno mai visto un segretario di partito donna, e sembra esserci ancora resistenza, quasi più a sinistra che a destra dove figure come la Meloni e Carfagna riescono a imporre le proprie visioni. Ovviamente sono in profondo disaccordo con Mara Carfagna e ancora di più con Giorgia Meloni ma non possiamo non ammettere che il centrodestra sembri capace di dare più spazio alle donne nelle posizioni di comando.
La variabile per la vittoria del progressismo
I progressisti devono dunque celebrare la vittoria ma essere consci delle sfide che si pongono davanti. Riconquistare il voto dei quartieri popolari e di coloro che ormai non votano più è un imperativo categorico per sperare di vincere alle elezioni politiche. Buoni segnali vengono dati dal fatto che, anche grazie alle politiche europee e in particolare al Recovery Fund ci sembra essere un’inversione di rotta rispetto alle politiche del primo decennio dei 2000. E questo è dimostrato anche dal recente buon risultato dell’SPD e dei Verdi in Germania, che conferma un generale rilancio dei progressisti in Europa. Ma attenzione che questo potrebbe non bastare. Se i fondi europei non sono usati per ridurre la disuguaglianza e rispondere alla crisi ambientale il crollo finale del centro-sinistra è inevitabile.
E del resto come biasimare gli elettori. Prendendo il principale partito di centro-sinistra, il Partito Democratico, esso ha dalla sua nascita governato il paese nella maggioranza degli anni. Certo sempre in coalizioni ma questa non può essere una alleviante. Ad ora l’unica misura sociale di welfare significativa introdotta negli ultimi 20 anni è stata il reddito di cittadinanza, introdotto sotto la spinta del Movimento 5 Stelle e in coalizione con la Lega. Il PD e i progressisti non hanno saputo imporre le riforme sociali necessarie al paese e il risultato è che la disuguaglianza è continuata ad aumentare inesorabilmente dal 2000. L’Italia è l’unico paese dove gli stipendi medi sono più bassi adesso che negli anni 90, e il top-10% (in termini patrimoniali) della popolazione italiana possedeva già prima della pandemia oltre 6 volte la ricchezza della metà più povera della popolazione. Con la pandemia la situazione è peggiorata ulteriormente. Secondo una recente indagine Oxfam circa 10 milioni di italiani, con un valore medio del risparmio non superiore a 400 euro, non avevano nessun cuscinetto finanziario per resistere autonomamente allo shock pandemico.
Il tempo delle vane promesse è finito, servono fatti e politiche sociali, redistribuzione, integrazione, investimento in energia verde. I progressisti italiani ed europei hanno un’ultima chiamata, se non rispondono la poca fiducia rimasta sarà definitivamente persa. A livello nazionale, il PD è stato premiato anche per la maggiore apertura ai movimenti civici e alla sinistra, e per una maggiore attenzione ai temi sociali. Ma attenzione, se questo cambiasse si tornerebbe inevitabilemente verso la disfatta. È necessario costruire un nuovo Ulivo che dia spazio alle diverse tendenze nel mondo progressista e che rappresenti non solo le elites, ma torni a dar voce a quegli strati popolari e a quelle periferie che si sentono abbandonati. È necessario poi essere aperti al dialogo e, perché no, a un governo con il Movimento Cinque stelle, che riesce a interpretare parte di quel malcontento e che con Giuseppe Conte sembra dare adeguate garanzie politiche. È necessario infine che anche all’interno del governo Draghi, si riescano a imporre degli imperativi sociali e a rilanciare politiche di welfare e occupazione. In caso contrario, io stesso non vedrei più la ragione di votare per il centro-sinistra.
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